Re del terrore
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Intervista a Mario Gomboli su www.queerblog.it Com’è nata l’idea di questo albo?
Diabolik vive a Clerville, città/stato inventata dalle sorelle Giussani ma dichiaratamente riconducibile a una qualsiasi capitale europea. Non è Gotham City, non è Smallville: è “vera” nel senso che i suoi abitanti (Diabolik incluso) hanno a che fare con la stessa realtà (Diabolik escluso) che quotidianamente affrontano i lettori del fumetto. Per questo, in più di quarant’anni di avventure, Diabolik si è trovato coinvolto in storie che toccavano temi “reali” come l’eutanasia, la violenza carnale, la droga, il doping, il contrabbando di organi e tanti altri. L’omosessualità doveva, prima o poi, entrare in questo novero, ma essendo difficile inserire un argomento ancora - incredibilmente - così “tabù” per un fumetto popolare bisognava inventare una storia che non offrisse il fianco all’accusa di razzismo sessuale piuttosto che di buonismo banale; che fosse incentrata sul tema pur rispettando i canoni del nostro personaggio (trama noir, delitto, colpi di scena etc etc). Luciana Giussani aveva cominciato a rifletterci, nel 2000, ma purtroppo ci ha lasciato prima di definire il soggetto, lasciando a noi il compito di portarlo a termine. Non è stato facile, come dimostrano gli anni intercorsi.
Come avete scelto il personaggio di Saverio?
Già con Luciana si decise di non inserire un personaggio inedito. Definirlo, spiegarne il carattere e il pregresso avrebbe occupato troppe pagine, e non dimentichiamo che Diabolik è un fumetto “d’azione”. Si decise quindi di ripescare una figura già apparsa nei seicento (all’epoca) episodi già pubblicati. Dopo lunghe ricerche ci accorgemmo che Saverio Hardy era perfetto: uno dei pochi amici di Diabolik; uno dei pochissimi a non aver fatto fatto la corte a Eva; forse l’unico che non avesse mai definito i propri interessi sessuali, neppure di fronte a bellissime attrici. Solitario, misterioso, chiaramente con un “segreto” non mai svelato.
Ci sono state reazioni alla vostra scelta?
Più di quante non avessimo previsto. La maggior parte, per fortuna, positive: “avete avuto coraggio”; “avreste dovuto farlo prima”; complimenti per come avete trattato con garbo un tema delicato” etc etc. Ma anche molte critiche, sia da un lato che dall’altro. Gli omofili ci hanno accusato di “aver banalizzato la figura del gay” piuttosto che “essere rientrati nei luoghi comuni per cui un omosessuale deve per forza essere un artista, quando il mondo è pieno di impiegati e muratori gay” mentre gli omofobi ci hanno tacciato di “buonismo a vanvera”; “pannellismo rifondatolo” e persino di “prostituire Diabolik alle mode omosex”. Come detto, non mi aspettavo reazioni così violente ma, sia pur rispettando l’opinione di tutti, compresi gli ipercritici, non rinnego certo la scelta redazionale
Cosa ci riserva per il futuro Diabolik?
Restando sul tema, posso dire che certo non rivedrete prossimamente personaggi gay, ma solo perché tendiamo a non ripetere situazioni “anomale”: infatti da nove anni non si parla più di eutanasia; da otto – se ben ricordo – di violenza carnale; da sette di doping e da cinque di animali vivisezionati. Diabolik vive sostanzialmente di avventure asettiche, nelle quali non può – se non saltuariamente – dedicare spazio a riflessioni sociologiche, pena la perdita della sua identità di antieroe del fumetto.
postato da Stefano il venerdì 12 gennaio 2007 in:
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Tags: diritti, diritti civili, gay, Italia, omofobia, pop, pregiudizi
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